I pericoli di una Chiesa sinodale denunciati da un canonista (1)

Fonte: FSSPX Attualità

Mentre si prepara attivamente il Sinodo sulla sinodalità, che si terrà a Roma il prossimo ottobre, vale la pena considerare il libro appena pubblicato da Carlo Fantappiè, intitolato Metamorfosi della sinodalità. Dal Vaticano II a papa Francesco, Marcianum Press, febbraio 2023.

L'autore è professore ordinario di diritto canonico all'Università Roma III e all'Università Gregoriana, membro della Scuola Superiore di Scienze Sociali; gli dobbiamo diverse opere sulla storia della Chiesa, dal punto di vista del diritto. Sul suo sito Settimo Cielo del 21 febbraio 2023, il vaticanista Sandro Magister scrive:

"Che Francesco abbia in mente “un nuovo modello di Chiesa” è fuori dubbio, a giudizio di Fantappiè. “Dopo il modello gregoriano, quello tridentino, quello giuridico-societario, quello di popolo di Dio, ecco affacciarsi il modello di Chiesa sinodale”. Di cui però è difficile comprendere che cosa sia, sottoposto com’è a continue variazioni da parte dello stesso papa, “quasi di mese in mese”."

Tuttavia "“sembra di capire – scrive Fantappiè – che papa Francesco intenda costituire un asse preferenziale, permanente, fra sinodalità e sinodo dei vescovi”, fino al punto, forse, di “attuare il transito da una ‘Chiesa gerarchica’ a una ‘Chiesa sinodale’ in stato permanente, e quindi di modificarne la struttura di governo facente perno da un millennio sul papa, sulla curia romana e il collegio cardinalizio”."

L'accademico italiano enuncia "i cinque rischi maggiori" che individua in questa nuova sinodalità, così come si sta delineando oggi.

"Il primo rischio, scrive, è l’estensione della sinodalità a “criterio regolativo supremo del governo permanente della Chiesa”, superiore sia alla collegialità episcopale che all’autorità primaziale del Papa. Sarebbe questo, né più né meno, un ritorno alla “via conciliarista” di Costanza e Basilea della prima metà del Quattrocento, un vero e proprio “stravolgimento dell’assetto costituzionale della Chiesa”."

"Col quale avremmo “una Chiesa assembleare” e quindi “ingovernabile e debole, esposta a condizionamenti del potere politico, economico e mediatico”, al cui riguardo “dovrebbe insegnarci qualcosa la storia delle Chiese riformate e delle Chiese congregazionaliste”."

"Un secondo pericolo, scrive Fantappiè, è “una visione idealistica e romantica della sinodalità”, che non prende in seria considerazione “la realtà del dissenso e del conflitto nella vita della Chiesa” e quindi rifiuta di predisporre norme e pratiche adatte a governarli"

"Un terzo rischio è “una visione plastica, generica e indeterminata, della sinodalità”. Proprio perché senza una precisa configurazione concettuale, “il termine ‘sinodalità’ rischia ormai di divenire, a seconda dei casi, uno slogan (un termine improprio ed abusato per indicare il rinnovamento della Chiesa), un ‘refrain’ (un ritornello cui si ricorre in ogni occasione, quasi per moda) o un mantra (un’invocazione miracolosa capace di sanare tutti i mali presenti nella Chiesa)”."

"Ciò che manca, scrive Fantappiè, è “un discrimine per poter distinguere e differenziare quel che è ‘sinodale’ da quel che non lo è”. Col risultato che “la nuova sinodalità si risolve in incontri, assemblee o convegni ai vari livelli dell’organizzazione ecclesiale”, molto simili, per l’organizzazione e le modalità, “ai sinodi nazionali tenuti nei primi anni Settanta in diversi paesi d’Europa, il cui esito è stato sostanzialmente fallimentare”."

"Quei sinodi erano “una sorta di trasposizione nella vita della Chiesa del movimento assembleare che si è affermato, dopo il 1968, in alcuni ambiti delle società democratiche dell’Occidente e che si fondava sul principio che la ‘base’ partecipasse direttamente al processo decisionale”."

Il quarto rischio, individuato da Fantappiè, è  “nella prevalenza del modello sociologico anziché teologico-canonico del processo sinodale”. Già il documento della commissione teologica internazionale sulla sinodalità [La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 5 mai 2018. NDLR] “usa una terminologia tipicamente sociologica (‘strutture’ e ‘processi ecclesiali’) anziché giuridico-canonistica (‘istituzioni’ e ‘procedure’)”."

"Ma ancor più marcata appare questa deriva “se andiamo a leggere il ‘Vademecum per il sinodo sulla sinodalità’ [settembre 2021] predisposto dal segretariato generale del sinodo dei vescovi”, oppure la sollecitazione a una “leadership collaborativa, non più verticale e clericale, ma orizzontale e cooperativa”, formulata dalla sottosegretaria del sinodo dei vescovi, suor Nathalie Becquart."

"“Alla luce di questi riferimenti – osserva Fantappiè – si potrebbe supporre che, più o meno larvatamente, dietro il processo sinodale vi sia un tentativo di reinterpretare l’ufficio ecclesiastico dei vescovi, dei parroci, degli altri collaboratori nei termini di una funzione di animazione pastorale piuttosto che di ministeri sacri cui sono riservati determinati compiti istituzionali”."

"Un quinto e ultimo equivoco da evitare, scrive Fantappiè, è appunto “l’identificazione del concetto di sinodalità con la dimensione pastorale”. Quando il programma della nuova sinodalità viene indicato “nella triade comunione, partecipazione, missione” [triade presentata nel Vademecum di settembre 2021. NDLR], le si affidano compiti così smisurati “la cui realizzazione non può che apparire utopica”."

"All’enumerazione di questi cinque rischi del presunto “farmaco” della sinodalità, al quale molti attribuiscono la capacità “di rimediare a tutti i mali della Chiesa”, Fantappiè aggiunge inoltre i suggerimenti di tre “precauzioni per l’uso”. [...] La prima è di stabilire per la sinodalità “confini precisi nell’ambito della sua operatività”. [...] La seconda precauzione è di “sottrarsi alla confusione tra sinodalità e democratizzazione”."

La terza precauzione, la più essenziale di tutte: "“evitare che la nuova sinodalità modifichi gli assetti della costituzione divina della Chiesa”. Spiega Fantappiè: “Anche se condotta in avanti da minoranze ecclesiali, non deve essere sottovalutata la pericolosità che deriva da una visione desacramentalizzata della Chiesa, la quale si propone, più o meno coscientemente, la sua omologazione a una comunità democratica pienamente inserita nel contesto delle forme moderne del governo rappresentativo."

"Per questo i fautori di tale versione della sinodalità tendono a contestare la struttura gerarchico-clericale, a ridurre il ruolo della dottrina di fede e del diritto divino, a trascurare la centralità dell’eucaristia e a concepire l’organizzazione ecclesiale sul modello congregazionale (una Chiesa di Chiese)”." – Si comprende meglio qui il risentimento della Roma odierna contro il cosiddetto "clericalismo" e la sua tenace volontà di promuovere una pastorale misericordiosa e non dogmatica.

Continua...